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LA MACCHINA DELLE MOLTIPLICAZIONI

 

Durante questi giorni fatti di attese…di rabbia per ingiustizie subite, di lotte iniziate, giorni in cui mi chiedo chissà chi bambino/bambina ci sarà lì ad attendermi…decido di trasformare le mie emozioni in produttività!
Nasce uno strumento, un giochino, sognato da molto, per essere supporto iniziale ad una delle operazioni fondamentali: la moltiplicazione.

 

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La mia idea nasce sulla scia della macchina per le addizioni, mi sono chiesta se si potesse realizzare anche uno strumento per un’operazione un po’ più complessa. Così è nato Simone: il cartone della moltiplicazione!
FINALITA’
La macchina delle moltiplicazioni può essere utilizzata sia inizialmente con tutti i bambini come primo approccio, favorendo la comprensione del senso di questa operazione, ma può essere utilizzata anche a sostegno di quei bambini con difficoltà di calcolo o altre temporanee esigenze.
Simone è geniale perché quando operiamo con lo zero lui fa opportunamente “sparire” il prodotto, è efficace perché conduce, grazie a semplici azioni, alla comprensione dell’addizione ripetuta e di ciò che sono gli schieramenti. In questo modo il bambino non li traccerà sul suo quaderno come un qualcosa di meccanico, ma si sarà appropriato del senso, avrà fatto suo un metodo, sarà più motivato nel suo operare e avrà posto un nuovo e sensato tassello nel percorso della costruzione della sua conoscenza.
COME REALIZZARLA…

 

MATERIALE:

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-11 rotoli di carta igienica;

-un cartone della misura 60×40;

-scarti di cartone da riciclare;

-cartoncini colorati per ricoprire i rotoli (io ho utilizzato due colori diversi per numeri pari/dispari ed il nero per lo zero, elemento assorbente della moltiplicazione);

-colla a caldo, forbici, pennarello, gessetto;

-cartoncini, fogli glitter, panno lenci per le decorazioni (io ho ricreato occhi, bocca e mani);

-bottoni o palline di carta o pasta per moltiplicare;

-matita e gomma per cancellare.
PROCEDIMENTO

-Dapprima decorare i rotoli di carta igienica ricoprendoli con fogli di cartoncino colorati o dipingendoli e scrivendo i numeri da 0 a 10 (ATTENZIONE CHIUDERE IL ROTOLO DELLO ZERO ALL’ ESTREMITA’ IN BASSO COSI’ CIO’ CHE MOLTIPLICHEREMO PER ZERO DARA’ ZERO!);

-incollare una superficie di cartone spesso dietro il cartone che fa da base alla nostra macchina e sulla sua superficie incollare i rotoli da 0 a 10 decorati precedentemente;

 

-decorare la macchina donandole un aspetto più familiare e simpatico. Ritagliare ed incollare gli occhi, la bocca e due lunghe braccia con mani per accogliere!

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Per capire come funziona video su Youtube

 

 

ANGELA ORLANDO ☼

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Bambini e natura

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Ciascuno di noi ha il suo modo di educare e concepire l’educazione.
La nostra filosofia educativa è frutto di esperienze pregresse, è l’insieme del nostro esser stati educandi, dei metodi adoperati da chi ha avuto cura di noi, strategie che sono entrate a far parte delle nostre azioni, inconsapevolmente.
Il modo in cui educhiamo è anche un mix tra ciò che abbiamo appreso nel nostro percorso di vita, proviene da qualcosa che abbiamo letto ed è entrato a far parte di noi perché “nelle nostre corde” .
Si educa con ciò che si è, con ciò che si fa e si fa fare, in minima parte anche con ciò che si dice.
Personalmente amo che i bambini sin da piccoli possano aver la possibilità di esplorare, conoscere liberamente il mondo che li circonda, sentirsi amati e “sentire”.
Un bambino amato si sentirà libero di rivelare ciò che è, di esprimere il proprio spirito creativo, il suo essere unico.
Esplorare, per me, soprattutto nei primi anni di vita del bambino, è anche far sentire il contatto con la natura, imparare qualcosa a piedi nudi in un prato, sul terreno, nella sabbia. Il contatto con la natura arricchisce le percezioni, l’apprendimento, la crescita emotiva, educa al silenzio ed al rispetto.

“La natura, in verità, fa paura alla maggior parte della gente. Si temono l’aria e il sole come nemici mortali. Si teme la brina notturna come un serpente nascosto tra la vegetazione. Si teme la pioggia quasi quanto l’incendio”. M. Montessori

Le paure degli adulti comportano una iper-protezione dei bambini, che impedisce loro di “vivere” la natura e i suoi fenomeni.

Il ricercatore americano Richard Louv, autore del libro “L’ultimo bambino nei boschi: salvare i nostri figli dal disturbo da carenza di Natura”, sostiene addirittura che i disturbi infantili di deficit di attenzione e l’iperattività con cui spesso sono associati (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder, ADHD) siano direttamente riconducibili al “disturbo di deficit di natura”.

Louv è convinto che un bambino che trascorre il 90% del proprio tempo seduto in ambienti chiusi o in auto, fissando un monitor, un libro di esercizi, una LIM o la televisione sia un bambino con una vita non sana. Poco importano il livello della scuola, della dieta e delle attività extrascolastiche.

Giocare in spazi aperti e verdeggianti induce pace, capacità di autocontrollo e autodisciplina: questo è stato confermato dalle ricerche di Louv e di altri studiosi dopo di lui. I risultati ottenuti dagli studi effettuati su bambini provenienti da zone urbane svantaggiate provano che la minima esposizione all’ambiente naturale implementa significativamente le risorse attentive generali e contemporaneamente sviluppa le capacità psicomotorie, favorendo le risorse cognitive di ogni bambino. L’aria aperta e l’assenza di barriere architettoniche permettono la solitudine, il nascondimento, la riflessione e la meta riflessione. I suoni non rimbalzano ma si disperdono, rigenerando le capacità uditive stressate dall’inquinamento acustico. La campagna invita a indugiare, parla dell’attesa, della pazienza e della capacità di fluire coi cambiamenti. Stimola la creatività e l’immaginazione, l’elaborazione di soluzioni alternative.

 

 

 

 

 

Angela Orlando
Pubblicato in: attività per bambini

Racconto di un’esperienza formativa “difficile”

Inizio questo articolo affermando che molto spesso, i bambini che si comportano peggio, sono quelli che hanno bisogno di più amore

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Sin dal raggiungimento dell’età adulta mi sono sempre lasciata condurre, come un pulviscolo al vento. Ho colto le occasioni che mi “capitavano” per caso, o per destino o altro…non mi sono mai tirata “indietro” affrontando con curiosità, gioia, talvolta paura, molto spesso coraggio le strade che mi si sono aperte dinanzi. Posso dire che fino ad oggi non me ne sono pentita perché ho sempre imparato qualcosa, per quanto sia stata dura, per quanto mi sia “consumata” nel farlo, ho sempre portato qualcosa “a casa” e per casa intendo la mia persona, il mio essere, ciò che sono oggi, nel mio qui ed ora.

Scrivo questo articolo reduce di un’ulteriore esperienza dalla quale non mi sono sottratta. Una supplenza, la prima, molto breve, in un contesto “assai” difficile, con bambini seguiti dalla stessa insegnante per quasi 2 anni.
Mi sono sentita letteralmente catapultata in un buco nero…ma quanto sono belli i buchi neri! Quelli dove è tutto da scoprire, fino all’ultimo giorno, quando impari ancora e ti accorgi che non ti è bastato, potevi scoprire di più, dare ancora di più. Non importano le notti insonni, quelle trascorse a chiederti “Cosa posso fare??” “Ci dev’essere un metodo!” “Ora provo questa strada…o forse meglio l’altra, o la devo inventare…ah! Ci sono! Farò così” Non importa la stanchezza, quella spazzata via ad ogni ingresso in classe, ad ogni sguardo perso o innamorato, vivo, o da accendere.

Ottenere la fiducia ed il rispetto da bambini traditi, molto spesso, proprio da chi doveva averne cura, era qualcosa che già avevo sperimentato da educatrice (ancora una volta inesperta) ma ai tempi supportata da un’ equipe indimenticabile di “specialisti” o meglio, di portatori sani d’amore vero, quello gratuito…questa volta però, in classe ero sola, ogni decisione, ogni gesto, sguardo, parola, pesava su di me e su dei bambini unici, eccezionali.
Ottenere il rispetto e l’ascolto dicevo, non snaturando la tua persona, non cedendo alla tentazione di strade più semplici, è stata molto dura. Ma in questi pochi giorni più che mai ho scelto.

Ho scelto di non pensare al poco tempo che avevo. Cos’è il tempo? Qualcuno dice che non va misurato in ore e minuti, ma in trasformazioni, ci ho voluto credere e da quel momento, non ho più pensato al tempo e mi sono concentrata solo sul da farsi.

Ho scelto di essere persona autorevole e non autoritaria, che si fa ascoltare non perché “Io sono la maestra e sono superiore” ma perché rispetta lei in primis, ascolta, osserva, dialoga, si impegna, c’è. Avrei voluto più giorni solo perché le prime volte non è andata molto bene. Per far capire tutto questo occorre tempo, per instaurare una relazione educativa c’è bisogno di costanza, soprattutto in questi contesti. E nonostante tutto, ad un certo punto, una relazione si è creata.

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Ho scelto, poi, anche un’altra strada difficile, quella di provare a svegliare la curiosità e non il “dovete fare perché comando io” dei miei alunni “a brevissimo termine”, ho scelto di aiutarli a COMPRENDERE IL SENSO delle cose, sostituendolo al “si fa così punto!”, attraverso dimostrazioni, pratica, azione e movimento. Anche questo è stato molto faticoso.
Ho capito ancora di più che non può esserci insegnamento senza educazione.
Ho utilizzato la Token Economy (strategia che spiegherò per bene in un articolo futuro) e quanto la ringrazio! Ringrazio la Token e chi mi ha insegnato a sperimentarla, essa sortisce un effetto particolarmente efficace in questi contesti e non solo, grazie a regole condivise e da rispettare per stare insieme ed imparare. L’efficacia di questa tecnica me l’ha dimostrata un’alunna che, mediando in un litigio verbale tra due bambini dice:”Uè statev zitt! (tacete) La violenza genera altra violenza!”

Ho scelto anche il gioco, è stata dura perché avevo a che fare con bambini tragicamente più maturi dei loro 7 anni, ma ci ho provato, ho cercato di restituir loro l’infanzia negata e sono stata ripagata dai loro occhi, quando si accendevano al suono delle parole:“Adesso facciamo un gioco!”

A tal proposito e per concludere, vorrei raccontarvi di un bambino, Salvatore, presentatosi a me come “Sasà!. In realtà vorrei raccontarvi di ciascuno di loro, perché tutti mi hanno insegnato qualcosa ma scelgo Salvatore in rappresentanza di tutti.

Sasà non riesce a scrivere perché a scuola in due anni ci sarà andato troppe poche volte, non conoscendo nulla di loro (perché come dicevo sono stata “catapultata”), inizialmente tutto ciò non lo sapevo, al mio:“Facciamo un dettato” il bambino si opponeva con aggressività e tentava di abbandonare l’aula a testa bassa. Sasà si comportava in tal modo perché non era alla portata del compito e non perché bambino cattivo. Quando abbiamo “giocato”, invece, Sasà era il primo ad alzare la mano e succedeva un piccolo miracolo, riusciva anche a leggere! Si, perché i miei giochi erano molto semplici, basati su scritte sopra dei foglietti. Per l’inglese, io mostravo un pennarello ad esempio di colore giallo e loro dovevano pescare la scritta YELLOW.

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Per le tabelline, invece mostravo un numero, ad esempio 24 e loro dovevano dirmi 6×4.

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Vi dirò di più, Sasà in questi giochi rispettava anche le regole, i turni di parola e mi mostrava la sua incredibile intelligenza, finalmente si sentiva come gli altri, parte di un gruppo con gli stessi mezzi.

Sasà è venuto a scuola tutti i giorni in cui ci sono stata. Questo è valso tutti i miei sforzi.

Da questa esperienza ne esco più forte, professionalmente è stata una delle più dure e mi ha messo continuamente alla prova, ringrazio tutte quelle persone che mi hanno dato la forza di perseverare nonostante le difficoltà e le mie paure, quelli che anche solo con una parola mi hanno dimostrato la loro vicinanza. Ai miei alunni di questi 10 giorni dico:

“Ricordatevi di guardare le stelle e non i vostri piedi…Per quanto difficile possa essere la vita, c’è sempre qualcosa che è possibile fare, e in cui si può riuscire.” Stephen Hawking

 

Angela Orlando ☼

 

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Penna verde o penna rossa? Quale metodo?

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Essere felici non è solo celebrare i successi, ma apprendere lezioni dai fallimenti. Papa Francesco

Negli ultimi tempi mi è capitato di guardare un video e, ascoltando diversi coetanei, riflettendo sulla mia esperienza, ho messo insieme alcune idee come un puzzle giungendo a diverse riflessioni che hanno interrogato la mia persona ed il mio essere educatrice ed insegnante.

Il video è questo: video

In esso si invita i genitori a porre l’attenzione sui progressi anziché sugli errori dei propri figli, proponendo il metodo della “penna verde” (evidenziare i progressi) ed eliminando quello della “penna rossa” (evidenziare gli errori). Questo fa sì che un bambino cresca in fiducia e sostegno, venga spronato a perseverare nel dare il meglio di sé, a fare di più.

Ho ripensato a questo video in un momento particolare, ero in difficoltà e faticavo a ricordarmi che quella prova che non riuscivo ad affrontare l’avevo in realtà superata più volte, ma in quel momento, ricordavo soltanto le circostanze in cui non ce l’avevo fatta, davanti ai miei occhi apparivano solo i miei fallimenti. Da cosa dipendeva questo? Spesso, gli insuccessi fanno più “rumore” dei successi, lasciano il segno in modo più evidente nella nostra mente. Chissà perché? Forse perché siamo stati educati con il metodo della penna rossa? Forse perché ci hanno abituato a porre l’attenzione sui nostri errori e non sui passi avanti? Forse le nostre insicurezze di bambini si ripercuotono nella nostra esperienza di adulti e non riusciamo a scorgerle, non riusciamo a tranquillizzare quel bambino che è in noi dicendogli:”Stai andando bene, continua così!”, continuiamo a dirgli, invece che è sbagliato, che ha sbagliato, ha commesso un errore, che magari ha fatto una figuraccia… Ma cos’è un errore?

“Nella vita c’è solo una cosa certa, a parte la morte e le tasse. Non importa quanto ci provi, non importa quanto buone siano le tue intenzioni: finirai col commettere degli errori…” Shonda Rhimes

Un errore è l’allontanamento dai principi logici, dalle cognizioni o dalle regole comunemente accettate. E’ un qualcosa di socialmente costruito l’errore, un costrutto sociale ma anche molto utile. Uno sbaglio è come una guida, serve a far crescere, a comprendere, “aggiustare” il tiro, ritornare in gioco seguendo una strada diversa, forse migliore, lungo la quale magari sbagliare ancora, imparare e ricambiar rotta.

Gli errori però non si condannano, anzi, forse gli errori si, ma le persone no, le persone si incoraggiano, si supportano, si motivano a fare meglio. Mai scoraggiare qualcuno che sta facendo progressi. Come sempre allora e non vorrei essere banale, la verità sta nel mezzo, è bene che le figure educative adottino il metodo della “penna verde” laddove già si scorge un bambino insicuro, con una bassa stima di sé, è bene sottolineare ciò che di buono sta facendo, spronarlo a continuare in quella direzione. Non è bene però, a mio parere, rinnegare gli sbagli, far finta di non vedere, eliminare totalmente il metodo della “penna rossa”. Ciò che conta è non giudicare la persona, non condannarla per l’errore commesso affermando “Sei sempre disordinato!” “Scrivi male!” “Sei un disastro!” ma adottare uno stile diverso, spostare l’attenzione dal soggetto all’azione, trasformare il “Sei..” in “Il tuo quaderno è in disordine” “Ho difficoltà a leggere ciò che hai scritto, potresti renderlo più chiaro?”.

Altra cosa fondamentale ma che molto spesso sento, perché fatti in modo inconsapevole, sono i confronti. Ogni bambino è unico, perché paragonarlo ad altri? “Se l’adulto di cui mi fido mi paragona, vuol dire che non basto, che non sono all’altezza” Questo è desolante per un bambino, lede la sua autostima, lo fa sentire meno amato e probabilmente si confronterà già da piccolo con un sentimento poco sano, l’invidia verso l’altro.

Tutto questo è difficile, è molto difficile perché non siamo stati abituati a tale stile educativo ed, inoltre, continuiamo ad essere immersi in contesti in cui il giudizio e l’invidia sono alla portata di tutti, giudichiamo e condanniamo con le parole, spesso addirittura diamo sentenze perdendoci una parte fondamentale dell’altro: l’incontro con lui, la sua conoscenza.

E’ faticoso essere figure educative anche perché dovremmo apprendere l’arte della delicatezza, del dare valore alle parole, dosarle con attenzione per non ferire i nobili sentimenti e gli immani sforzi che un bambino fa per imparare a stare al mondo, per adattarsi e crescere.

Tra genitori, insegnanti, nonni, specialisti, ciascuno con la sua diversa ideologia educativa i nostri bambini sono sempre più confusi, è necessario lavorare per creare alleanze educative, seguire una linea comune e dialogare, non opponendosi a quanto fatto o detto da una delle su’ citate figure, magari anche davanti ai bambini, è devastante per la loro crescita e nei confronti della loro maturità.

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L’imprevisto. Pittura acrilica di Aurora Mazzoldi.

Infine, a tutti quegli insegnanti in conflitto con una delle imprese a mio parere più ardue, quella della valutazione, vorrei dire che molto spesso, dovremmo soffermarci di più sugli sforzi e non solo sui risultati. Ciò che conta non è tanto il risultato raggiunto ma è il percorso affrontato nel raggiungerlo, sono gli ostacoli incontrati e la forza messa in campo per affrontarli che dobbiamo valutare. Attenzione, valutare, non giudicare.

ANGELA ORLANDO ☼

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Brainstorming per sviluppare la creatività e l’amore per l’arte

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Nel corso della mia breve esperienza nella scuola, ho adoperato più volte un mezzo che reputo efficace e molto versatile, per questo vorrei proporvelo: il brainstorming. Questa mezzo nasce come strategia decisionale di gruppo per la risoluzione di problemi, credo sia opportuno adoperarlo nella scuola per far cogliere l’importanza della collaborazione e dello scambio di idee.

Brainstorming è un termine inglese composto dalle parole brain (cervello) e storming (tempesta) e significa letteralmente tempesta di cervelli. Questa espressione è entrata nell’uso comune per indicare una modalità di lavoro di gruppo in cui viene sfruttato il gioco creativo dell’associazione di idee: la finalità è fare emergere diverse possibili alternative in vista della soluzione di un problema.
Ogni persona del gruppo è stimolata a produrre in modo creativo quante più idee in una sessione di lavoro: ogni pensiero è registrato e poi discusso all’interno del gruppo e solo in un secondo tempo viene eseguita una cernita qualitativa delle idee.
A coniare questo termine fu, alla fine degli anni Trenta, il pubblicitario Alex F. Osborne che stabilì le quattro regole principali di questa tecnica di lavoro: nessuna critica alle idee degli altri, benvenuti tutti i capovolgimenti di idea, la quantità prima di tutto, lavoro di perfezionamento su ogni idea. (Da http://www.focus.it)

Ho utilizzato questa strategia didattica due volte, una con i bambini di 8 anni, l’altra con gli adolescenti di 12 ed in entrambi i casi i risultati sono stati molto significativi. I miei obiettivi in questa proposta didattica sono stati quelli di: far sviluppare l’immaginazione; permettere agli alunni di cogliere le sensazioni provate alla visione di un quadro; osservare l’opera d’arte e comprenderne il messaggio; elaborare creativamente produzioni personali e condividerle. Con gli adolescenti, in più, la meta finale era quella di giungere alla creazione di un logo che caratterizzasse loro in quanto gruppo. Per entrambi, ho scelto l’opera di H. Matisse: La Danza.

L’arte è molto generosa, a seconda del nostro scopo, del messaggio che vogliamo lanciare, della riflessione da affrontare, della tematica funzionale ai bisogni dei nostri fruitori, ci mette a disposizione un universo di capolavori!

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Per far sì che un’attività risulti incisiva e che riusciamo ad ottenere i risultati desiderati, dobbiamo curare il contesto. L’ambiente in cui operiamo occupa una posizione importante, fondamentale, possiamo modificarlo nel modo più congeniale alle nostre esigenze e, soprattutto, a quelle dei nostri alunni!

  • Per tutto questo, prima di avviare l’attività, ho messo un po’ di musica classica di sottofondo e disposto i banchi in questo modo:

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Magari riuscissimo ad eliminare anche le sedie! Spesso rappresentano una costrizione, sulla sedia si è limitati a stare così come la sedia lo permette. Per osservare un’opera d’arte, sarebbe ancor più bello far portare agli alunni da casa dei teli, cuscini, disporli a terra e far sì che ciascuno occupi la posizione preferita.

  • Lasciamo che i nostri alunni osservino l’opera di Matisse per qualche minuto, ascoltando musica e stando in silenzio.
  • Dopo questo bel momento, a turno, ciascun alunno dovrà dire una parola, la prima che in quel momento gli passa per la mente. Ovviamente l’insegnante avrà anticipatamente spiegato cos’è il brainstorming e quali sono le sue regole. Ogni parola detta dagli alunni verrà scritta alla lavagna dall’insegnante/moderatore.

Ecco il risultato del brainstorming su “La Danza” sia dai bambini di 8 anni che da quelli di 12 :

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E’ significativo quanto, sia i bambini che i ragazzi, abbiano colto il messaggio di Matisse, seppur nulla sia stato anticipato loro sull’opera. E’ possibile notare, attraverso un confronto tra le due immagini in alto, che la prima cosa percepita dai fruitori, ciò che arriva forte a loro (come alla maggior parte delle persone che osservano “La Danza”) è il senso di unione, qualcuno comprende anche il senso di movimento, la danza, poi, solo per gli adolescenti (perché, a differenza dei bambini, loro hanno la consapevolezza di ciò che provano) si passa alle emozioni, c’è chi prova tristezza, forse perché i volti dei protagonisti sono rivolti verso il basso, o forse perché spesso l’arte è come uno “specchio elastico” che rimanda indietro, accentuandoli, gli stati emotivi provati in quel momento. Forte è anche l’attenzione sul corpo dei soggetti rappresentati dall’artista.

  • Dopo il brainstorming l’insegnante legge di getto, ad alta voce, le parole venute fuori, poi si passa alla riflessione di gruppo.
  • Infine, libero sfogo alla creatività, ciascun alunno, guidato dalle emozioni provate e dalle riflessioni da esse scaturite, ha a disposizione un foglio, matite, pastelli, ecc. per realizzare qualcosa.
  • L’ultimo momento è relativo alla spiegazione ed alla condivisione con tutto il gruppo di ciò che è stato creato.

Ecco alcune produzioni:

Grazie per l’attenzione, spero vi sia arrivata l’importanza di questo mezzo.

Se realizzate questa attività o ne prendete spunto per realizzarne altre, potete mostrarmi foto/risultati sulla mia pagina Facebook : https://www.facebook.com/tryourcreativity/

E’ bello condividere ed arricchirsi reciprocamente! Grazie!

Angela Orlando ☼

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Lavoretti per Pasqua, quattro idee utili e davvero carine!

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Manca poco alla Pasqua! Ecco una serie di lavoretti da poter realizzare con i bambini. Idee utili perché possono servire anche dopo la festività ed in questo articolo vi mostrerò in che modo! Una guida dettagliata su come realizzarli, con le relative spese per ciascuno ed un chiaro procedimento mostrato attraverso le foto! Buon lavoro!

1. Cestino portapane

MATERIALE:

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-Cartone riciclato;

-10 bastoncini di legno grandi (abbassalingua);

-4 bastoncini di legno piccoli (stecche di ghiacciolo);

-uova da decorare

-scarti di cartoncino verde chiaro e scuro o pannolenci;

-un calzino;

-taglierino, tempera per decorare le uova, pennelli, forbici, occhi mobili, colla vinilica o a caldo e spago.

COSTO: ho pagato 1€ ogni 3 uova; le bustine di bastoncini costano 0,70 cent. ciascuna ed ogni bustina contiene dai 30 ai 50 bastoncini (dipende dal luogo in cui le acquistate); le bustine di occhi mobili costano 0,70 cent e contengono circa 15 paia di occhi per bustina.

PROCEDIMENTO:

-Ricavare dal cartone riciclato un quadrato della misura di 14cm x 14cm e tagliare i bordi arrotondati ai primi 4 bastoncini di legno (abbassalingua);

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-incollare i bastoncini spuntati, uno su ogni vertice, come mostrato nella foto seguente;

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-ricavare da 6 bastoncini grandi, 12 parti come mostrato nella foto che segue;

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-incollatene tre per ogni vertice in questo modo ↓ ;

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-incollate ora i quattro bastoncini piccoli come per realizzare una staccionata, ed otterrete questo risultato ↓

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-Ora realizzate con il cartoncino verde o il pannolenci dell’erbetta che incollerete nella parte interna del vostro steccato (ovviamente, se guidati, tutti questi passaggi possono essere realizzati dai vostri alunni);

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-potete inserire dei fiorellini riciclati, comprati o realizzati insieme ai vostri alunni in questo modo:

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-ora non vi resta che occuparvi della realizzazione del coniglietto con un calzino tipo fantasmino di color rosa, bianco, grigio, beige o marroncino. I vostri alunni si divertiranno a riempire di farina e sale il calzino. Ecco il procedimento:

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-Infine fate decorare uno o più uova ai vostri alunni e ponetele accanto al coniglietto!

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Ecco in che modo riutilizzarlo come portapane!:

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2. Fuoriporta coniglietto

MATERIALE:

-1 cartoncino bianco formato A4;

-cartamodello a forma di coniglio↓

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-piccolo fuoriporta di legno intrecciato di quelli che ora vanno di moda ↓

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(costo €1,50)

-dischi struccanti;

-fiori decorativi o pannolenci o, ancora, carta crespa per realizzarli insieme ai vostri alunni;

-uova da decorare (costo: 3 uova 1€);

-tempera e pennelli, colla a caldo o vinilica, forbici e occhi mobili.

PROCEDIMENTO:

-Fate dipingere il fuoriporta del colore preferito dai vostri alunni;

-Realizzate i fiori o utilizzatene di riciclati;

-fate incollare i dischetti struccanti sul carta modello per decorare il coniglietto;

-realizzate anche dei peluche verdi con la lana per simulare l’erbetta↓

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-incollate fiori, coniglietto ed erbetta al fuoriporta. Aggiungete, infine, i dettagli che preferite, un uovo decorato ed il lavoro sarà completo!

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3. FUORIPORTA CASINA

MATERIALE:

-Uscite fuori con i vostri alunni durante una bella giornata di sole, portateli in campagna e raccogliete dei legnetti! Se non avete tempo per questo, potete trovare scarti di legna da un falegname o taglialegna di fiducia che ve li regalerà!

-procuratevi anche del filo di spago;

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-uova da decorare;

-colla a caldo, vinilica, tempera e pennelli, fiori finti.

COSTO: Per questo lavoretto è quasi pari a zero, dovrete acquistare solo le uova da decorare.

PROCEDIMENTO:

-Fate assemblare ai vostri alunni, con i legnetti, una casina come loro la preferiscono. In questo lavoretto l’irregolarità e la diversità renderanno le loro casine uniche e bellissime! (e vi svelo che per questo motivo, è il lavoretto che preferisco!)

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-fate dipingere la casina o, se preferite, potete lasciarla del suo colore originale. Procuratevi un contenitore ovale per ricreare con dello spago e con la colla vinilica un nido di uccellino in questo modo:

-ora non vi resta che far decorare le uova ai vostri alunni (io ne ho messo uno), realizzare con un po’ di cartoncino un cartello con su’ scritto “Buona Pasqua”; decorare il nido con fiori finti o rametti di pesco (sempre finti) ed ecco il risultato!↓

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4. VASETTI CONIGLIETTO E PULCINO

MATERIALE:

-Un vasetto riciclato di quelli degli omogenizzati o potete acquistarli (io li ho trovati al costo di 0,70 cent cada uno);

-colla vinilica, a caldo, tempera, glitter bianchi e gialli, cartoncini colorati o panno lenci, occhi mobili.

FOTO PROCEDIMENTO 🙂 :

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-Fate divertire i vostri alunni a shakerare i glitter nel contenitore, decorate i vasetti, inserite ovetti di cioccolata in un sacchetto e ponetele all’interno dei vasetti come sorpresa! Ed ecco il risultato finale!

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In questo articolo vi ho anche parlato di uova decorate, eccone alcuni esempi realizzati da me per voi 🙂

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Buon divertimento insieme ai vostri alunni!

Se realizzate qualcuno di questi lavoretti, potete mostrarmi foto/risultati ottenuti sulla mia pagina Facebook : https://www.facebook.com/tryourcreativity/

E’ bello condividere ed arricchirsi reciprocamente! Grazie!

Angela Orlando ☼

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Word problem. Pane e monete

In questo articolo presenterò un’attività matematica per la scuola primaria affrontata con gli alunni di circa 8 anni.

Tutto parte da un word problem, ma cos’è? Che vuol dire?

Un word problem, in italiano problema a parole, è una particolare tipologia di situazione problematica, presentata sotto forma di racconto. Non è il classico problema del macellaio o del fruttivendolo, molto lontani dalla realtà del bambino e ad una ed una sola soluzione. Io preferisco definirli “racconto – problema”.

Un word problem come quello che presenterò, a mio parere, è funzionale per andare oltre il pensiero che italiano e matematica sono due discipline separate, se lavoriamo con una, non possiamo affrontare l’altra. La matematica e l’italiano, in realtà, sono aree disciplinari estremamente connesse, si sono sviluppate insieme, l’uomo che ci ha preceduti, mentre cercava un modo per esprimersi, tramandare insegnamenti, affrontava anche numerose situazioni problematiche. La matematica è connessa alla logica e se non la esprimiamo in modo corretto, attraverso un preciso linguaggio, non possiamo capirla. Un problema a parole sembra un racconto, nel leggerlo ci chiediamo:“Ma dove sono i numeri? Cosa scrivo nei dati?! Qual è la domanda?”

Tutto questo rappresenta un mezzo per aprire il dialogo, il confronto dialettico con i nostri alunni, spalanca la strada allo scambio di opinioni, al lavoro collettivo, al laboratorio e a più strategie risolutive! E’ proprio come nella realtà che ci circonda: nel nostro quotidiano non si presentano dinanzi a noi problemi risolvibili attraverso una soluzione universale, ognuno, in modo creativo, a suo modo, riesce a giungerne ad una.

Problemi come questo favoriscono l’esplorazione e la scoperta, migliorano le capacità espressive e favoriscono la comprensione vera del senso di particolari strutture matematiche. Un word problem va compreso fino in fondo solo grazie all’azione concreta sulla realtà.

Il problema dal quale ho tratto il mio testo, che adattato ai miei bambini, è presentato nel capitolo 4, intitolato Pane e pensiero, del libro L’uomo che sapeva contare, di Malba Tahan (un ottimo libro capace di suscitare amore per la matematica).

Problema originale: I tre viandanti e le pagnotte

“Tre giorni dopo stavamo avvicinandoci alle rovine di un piccolo villaggio chiamato Sippar, quando scorgemmo, steso al suolo, un povero viandante ricoperto di cenci che sembrava gravemente ferito. Era in condizioni pietose. Ci accingemmo a soccorrerlo e in seguito ci narrò la storia della sua sciagura.
Si chiamava Salem Nasair ed era uno dei più ricchi mercanti di Baghdad. Pochi giorni prima, di ritorno da Basra e diretto a el-Hilleh, la sua grande carovana era stata attaccata e rapinata da una banda di nomadi persiani e quasi tutti i suoi compagni erano stati uccisi. Egli, il padrone, era riuscito miracolosamente a salvarsi nascondendosi nella sabbia tra i corpi inanimati dei suoi schiavi.
Quando ebbe terminato il racconto delle sue sventure, ci chiese con voce tremante: “Non avete per caso qualcosa da mangiare? Sto morendo di fame “.
“Ho tre pagnotte” risposi.
“Io ne ho cinque” disse l’Uomo Che Contava.
“Allora” fece lo Sceicco, “vi scongiuro di dividere le vostre pagnotte con me. Vi propongo uno scambio ragionevole. Vi darò per il pane otto monete d’oro, non appena giungerò a Baghdad”. E così dividemmo tra di noi le pagnotte.
Il giorno dopo, tardi nel pomeriggio, entrammo nella famosa città di Baghdad, Perla dell’Oriente.
Attraversando una piazza affollata e rumorosa, fummo bloccati dal passaggio di una sfarzosa comitiva alla cui testa cavalcava, su di un elegante sauro, il potente visir Ibrahim Maluf. Vedendo lo sceicco Salem Nasair in nostra compagnia, fece fermare il suo brillante seguito e lo interpellò: “Cosa ti è capitato, amico mio? Come mai arrivi qui a Baghdad così mal ridotto, in compagnia di questi due stranieri?”
Il povero Sceicco gli narrò nei dettagli quanto gli era accaduto in viaggio, lodandoci ampiamente.
“Ricompensa subito questi due stranieri” ordinò il Visir. Prese dalla borsa otto monete d’oro e le diede a Salem Nasair dicendo: “Ti porterò subito con me a palazzo poiché il Difensore dei Fedeli vorrà di sicuro essere informato di questo nuovo affronto dei banditi beduini, che osano attaccare i nostri amici e saccheggiare una carovana sul territorio del Califfo”.
A questo punto Salem Nasair ci disse: “Prendo congedo da voi, amici miei. Desidero però ringraziarvi ancora una volta per il vostro aiuto e, come avevo promesso, compensarvi per la vostra generosità “. E, rivolgendosi all’Uomo Che Contava: “Ecco cinque monete d’oro per i tuoi cinque pani”. Poi a me: “E tre a te, mio amico di Baghdad, per le tue tre pagnotte”.
Con mia grande sorpresa l’Uomo Che Contava sollevò rispettosamente un’obiezione. “Perdonami, Sceicco! Ma questa suddivisione, che pure sembra semplice, non è matematicamente giusta. Dal momento che ho dato cinque pagnotte, devo ricevere sette monete. Il mio amico che ha ceduto tre pagnotte, deve riceverne soltanto una”.
“Per il nome di Maometto!” esclamò il Visir vivamente interessato. “Come può questo straniero giustificare una pretesa così assurda?”
L’Uomo Che Contava si avvicinò al ministro e gli disse: “Permettimi di mostrare, o Visir, che la mia proposta è matematicamente corretta. Durante il viaggio, quando …avemmo fame, presi una pagnotta e la divisi in tre parti.
..Ciascuno di noi ne mangiò una. I miei cinque pani, quindi, ci procurarono quindici pezzi, non è vero? Le tre pagnotte del mio amico aggiunsero nove pezzi, per un totale di ventiquattro parti. Delle mie quindici ne consumai otto, così che in realtà ne ho cedute sette. Dei suoi nove pezzi anche il mio amico ne mangiò otto e così il suo contributo è stato di uno soltanto. I sette pezzi miei e l’unico del mio amico fanno gli otto che sono andati allo sceicco Salem Nasair. Pertanto è giusto che io riceva sette monete e il mio amico soltanto una”.
Il Gran Visir, dopo aver altamente lodato l’Uomo Che Contava, ordinò che gli fossero date sette monete e a me una. La dimostrazione matematica era logica, perfetta, irrefutabile. Ma, per quanto corretta, la suddivisione non piacque a Beremiz che, rivolto al sorpreso ministro così proseguì: “Questa divisione, sette per me e una per il mio amico è, -come ho provato, matematicamente perfetta ma non è perfetta agli occhi dell’Onnipotente”.
E, raccogliendo nuovamente le monete, le divise in due parti uguali, quattro a me e quattro a se stesso.
“Un uomo veramente straordinario!” esclamò il Visir. “Non ha accettato la divisione delle otto monete in cinque e tre. Ha dimostrato che a lui ne spettano sette e al suo compagno solo una. Ma poi divide le monete in due parti uguali e ne dà una all’amico”. E aggiunse con entusiasmo: “Per l’Onnipotente! Questo giovane, oltre a essere bravo e veloce in aritmetica, è un amico buono e generoso. Voglio che diventi oggi stesso mio segretario”. “Gran Visir” disse l’Uomo Che Contava, “mi accorgo che avete espresso, in trenta parole e 125 lettere, la più alta lode che io abbia mai udito. Voglia Allah benedirvi e proteggervi per tutta l’eternità!”
L’abilità del mio amico Beremiz gli consentiva di tener dietro alle parole e alle lettere pronunciate… Tutti noi ci meravigliammo di fronte a tale dimostrazione di genialità.

Ecco, invece, il problema che ho realizzato io, in base alle esigenze ed ai desideri dei miei alunni e con i loro nomi:

A Maggio i bambini della terza A sono felicissimi perché finalmente, con le belle giornate, possono andare in gita!
Arriva il grande giorno! I bambini sono diretti alla Città della Scienza, si sono svegliati davvero euforici e di buon umore, preparano il loro zainetto con dolci, caramelle, panini, bibite e finalmente giungono a scuola dove li aspetta un pullman alto, giallo e blu. Prontiii?! Si parte! Finalmente vedranno da vicino la storia degli australopitechi, l’evoluzione dell’uomo, i pianeti e tante altre cose interessanti!
Dopo aver visitato una parte del museo agli alunni viene fame, giungono in un giardino ed iniziano a mangiare tutto ciò che avevano portato da casa…improvvisamente in lontananza intravedono un bambino della loro età solo e in lacrime. La prima ad avvicinarsi al bambino è Angela che gli chiede: “Cosa ti è successo?” , poi arriva Michele che dice: “Come ti chiami?” , il bambino inizia a parlare: “Mi chiamo Yuri, ho perso la mia famiglia, ho molta fame e non ho nulla da mangiare! Voi avete qualcosa da darmi?” .
Intanto tutti erano giunti vicino al bambino: Giada, Carla, Luigi, Fabiana, Nico, Renzo, Teresa, Mimmo, Luca, la maestra, ed avevano ascoltato la sua triste storia.
“Io ho in borsa ancora 3 panini” dice Fabiana.
“Io ne ho 5 !” dice Luigi che sapeva fare i calcoli molto bene.
“Allora” dice Yuri “Vi prego di dividere i vostri panini con me e vi propongo uno scambio ragionevole. Vi darò per i panini €8,00 non appena mi riporterete dalla mia famiglia.”
E così Fabiana, Yuri e Luigi dividono tra loro i panini, dividendo ciascuno in 3 parti uguali, mangiano insieme nel giardino, quindi, 8 pezzi ciascuno.
Quando tutta la classe accompagnò Yuri dalla famiglia che lo stava aspettando in un campo nelle vicinanze, il bambino, come promesso, consegnò €8,00 in questo modo: €5,00 per Luigi (per i suoi 5 panini) e €3,00 per Fabiana (per i suoi 3).
Luigi però non era per niente soddisfatto di questa divisione e pur avendo in seguito diviso i soldi in €4,00 per sé e €4,00 per Fabiana, sosteneva che, matematicamente parlando, a lui sarebbero spettati €7,00 e solo €1,00 a Fabiana!
Chi aveva ragione? Rappresenta il problema con un disegno.

-Dopo aver letto il problema ai bambini, anche più di una volta, si chiederà loro di intervenire e spiegare la vicenda raccontata dal testo, a turno si avvierà una discussione, il docente condurrà i bambini a sottolineare sul testo quelli che sono i “passaggi” della vicenda, che a loro parere sono “matematici” .

-Successivamente, dopo la discussione/riflessione di gruppo ed individuale, si procede con la “drammatizzazione” della vicenda e guarda caso! La maestra ha portato 8 panini, dei coltellini di plastica ed 8 monete da 1€.

divisione pane

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-Grazie a questo processo i bambini affrontano in modo pratico la struttura moltiplicativa e possiamo avviarli alla comprensione delle frazioni.

-Dopo aver drammatizzato il problema, risolto e compreso “il caso” grazie all’azione, i bambini possono rappresentare graficamente il problema. Ciascuna rappresentazione risulterà geniale!

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soluzione finale mimmo

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Giuseppina mat

Se realizzate questa attività o ne prendete spunto per realizzarne altre, potete mostrarmi foto/risultati sulla mia pagina Facebook : https://www.facebook.com/tryourcreativity/

E’ bello condividere ed arricchirsi reciprocamente! Grazie!

Angela Orlando ☼

Pubblicato in: attività per bambini

Lavoretto di San Valentino. Idee semplici, veloci e simpatiche

 

Quest’anno San Valentino e Carnevale arrivano quasi a braccetto! Ecco che le insegnanti ed i bambini si mettono all’opera per realizzare un pensiero che ricordi queste festività.

Per questo, per San Valentino, scelgo di proporvi due idee davvero veloci, utili e carine!

1. Matite Love

Materiale:

-Matite;

-Pirottini per muffins (io ho utilizzato questi con palloncini/cuoricini):

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-Colla a caldo o vinilica; forbici; cartoncino rosa e rosso; pannolenci marrone o giallo; nettapipe per le braccia.

Procedimento:

-Realizzare queste matite è solo una questione di assemblaggio! Incollate il pirottino piegato simmetricamente in due sulla matita in basso;

-Avvolgete un nettapipe intorno alla matita;

-Con il cartoncino rosa ed un pennarello nero realizzate un volto;

-Abbellite il volto con dei capelli in pannolenci o lana;

-Ricavate un cuoricino dal cartoncino rosso, scrivete o fate scrivere ai vostri bambini un pensiero d’amore e l’opera è completa! Ecco il risultato:

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2. Manine portafoto 

Materiale:

-Das;

-Tempera rossa;

-Formina a cuore;

-Una piccola foto.

Procedimento:

-Stendete il das con il mattarello, o fatelo fare ai vostri alunni;

-Ricavate dal das la forma della manina di ciascun alunno;

-Al centro di essa, con un coppa pasta a forma di cuore ottenetene uno (lì, incollandola sul retro, andrà la foto di ogni alunno);

-Lasciate che il das asciughi;

-Fate dipingere le manine con la tempera rossa;

Ecco il risultato!:

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Buona creazione!!!

 

Angela Orlando ☼

Pubblicato in: attività per bambini

Libro sensoriale fai da te per un bambino di prima

Questo libro nasce dall’esigenza di un supporto didattico personalizzato, che permettesse a Simone di seguire, insieme ai suoi compagni, la progettazione didattica della sua classe.

Grazie ad esso Simone ha imparato a leggere con l’uso di immagini/parole a lui più familiari. Simone, infatti, ama i topini, le moto, il cibo, la nonna e tante altre cose.

Il bambino è riuscito anche ad associare due concetti fondamentali ed in relazione tra loro: quantità e numero (inteso come segno grafico).

L’alunno ha, inoltre, collaborato alla realizzazione del suo libro per quanto riguarda la costruzione dell’albero di mele create con i tappi. La finalità è stata quella di permettergli l’associazione tra concetti matematici di base e lo sviluppo della capacità cubito-palmare (il bambino ha problemi di tono muscolare). Grazie all’esercizio del movimento avvita/svita è riuscito a migliorare la sua prestazione.

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Il bambino, nello specifico, è stato molto attratto dalla sezione rinominata “scienze”, dove presento la successione della crescita di un albero dal seme al frutto.

Infine, imitando il lupo alla caccia dei tre porcellini, e divertendosi, ha imparato a riconoscere le prime figure geometriche.

La realizzazione del libro richiede un po’ di tempo e svariato materiale. Il procedimento lo potete trovare qui: Come fare un libro sensoriale

A differenza dell’altro libro, in più qui ho utilizzato: tappi di bottiglie riciclati, tempere colorate, glitter, un foglio trasparente.

Grazie!

Buona creazione!

Angela Orlando ☼

Pubblicato in: Pensieri

LIBRIAMOCI! ♡

“Io non lo so
Quanto tempo abbiamo
Quanto ne rimane
Io non lo so
Che cosa ci può stare
Io non lo so
Chi c’è dall’altra parte
Non lo so per certo
So che ogni nuvola è diversa
So che nessuno è come te

Sono sempre i sogni a dare forma al mondo
Sono sempre i sogni a fare la realtà
Sono sempre i sogni a dare forma al mondo
E sogna chi ti dice che non è così
E sogna chi non crede che sia tutto qui…” (L. Ligabue)

Grazie ad una grande donna che ha ancora la capacità di sperare e di sognare, questa settimana sono stata coinvolta in un’avventura stupenda, dalla quale ho imparato tanto. Questa esperienza mi ha aperto ancora una strada nuova verso la comprensione del mondo dei bambini, per questo, scelgo di raccontarvela.

Sono diventata la fatina della diversità per i bambini dell’istituto Don Lorenzo Milani (Quarto, NA)
Ho avuto l’onore di aprire, nel teatro della scuola, “Libriamoci”, la settimana dedicata alla promozione della lettura che ogni anno ha un tema diverso. Quest’ anno, oggetto di questa esperienza, è stato l’inclusione.

Ho progettato ed indossato i panni della fatina Arcobaleno.

Arcobaleno è una fata che ha perso la voce a causa di un incantesimo. Saper parlare era fondamentale per lei, perché il suo ruolo era raccontare storie a tutti gli abitanti del suo regno.

I bambini dell’ Istituto sono così stati coinvolti in un’esperienza di conforto ed aiuto alla fatina, le hanno insegnato la lingua dei segni ed hanno capito che ci sono tantissimi e diversi modi per narrare storie!

Il giorno seguente la fatina è ritornata con la voce! A restituirgliela sono stati il supporto e la magia dei tanti bambini incontrati il giorno prima. Per ringraziarli, la fata decide di raccontare una favola in ogni classe. Ovviamente sono state scelte favole dalla morale inclusiva ed adatte alle età dei diversi alunni. Perché è proprio vero, c’è una favola per ogni età.

È stato entrando nelle classi che ho vissuto la meraviglia dello stupore dei bambini:”Sei una fata vera!?” molti hanno esclamato con sorpresa.

Ho capito che i nostri bambini, che tendiamo a rendere adulti sempre più presto, hanno l’esigenza di sognare, di volare con la fantasia, ne avvertono il bisogno, lo so perché quando ho tolto i vestiti della fata Arcobaleno e sono ritornata semplicemente Angela, mentre ritornavo a casa, ho incontrato uno degli alunni dell’Istituto che mi ha salutata dicendo:”CIAO FATINA!”

Ho fatto esperienza del loro grande e trasparente mondo interno quando, raccontando la favola di un gigante temuto da tutti, solo perché gigante, un bambino ha esclamato:”SE È COSÌ GIGANTE ANCHE IL SUO CUORE È PIÙ GRANDE!” …lasciandomi senza parole.

“Oggi la gente ti giudica per quale immagine hai, vede soltanto le maschere, non sa nemmeno chi sei..” canta Marco Mengoni. Cito questa frase perché una bambina, sempre in merito alla storia del gigante che tutti evitavano, alla mia domanda:”Possiamo aver paura di una persona se non la conosciamo?” mi ha risposto:”E’ COME IL CIBO, SE NON LO ASSAGGI NON LO SAI COM È.”

Ad un certo punto poi, questa favola ha dato avvio ad una discussione introspettiva. Il gigante della nostra storia, innamorato di una fanciulla, arriva a bere una soluzione per diventare “normale”. La fanciulla però non lo riconosce più. Si era innamorata anch’ella del gigante, ma per come lui era. La mediazione didattica ha così portato i bambini davanti alla bacchetta della fatina per parlare degli aspetti che avrebbero potuto modificare del loro carattere, per piacere ai loro amici, ma che non li avrebbero più resi loro stessi. Gli alunni hanno compreso che ci sono caratteristiche che possiamo migliorare in noi, se ledono il rispetto degli altri, ma ci sono anche tante qualità che ci rendono speciali così come siamo, ci colmano di unicità e che è bello conservare.

Ciò che ho vissuto con questa esperienza non è altro che ciò che studiò Bettelheim partendo dall’idea del bisogno di magia del bambino, dall’importanza della fantasia e di come questa lo aiuti a crescere. Lo studioso ribadisce l’importanza delle fiabe poiché potenziano la creatività, dando spazio al gioco semantico e segnico.

Le fiabe, secondo Bettelheim, catturano l’attenzione dei bambini, li divertono, suscitano il loro interesse e stimolano la loro attenzione.

Le fiabe, poiché parlano il linguaggio della fantasia, che è lo stesso del bambino, e sono al di fuori del tempo e dello spazio, evocano situazioni che consentono al bambino, identificandosi con i personaggi e partecipando emotivamente alla storia, di affrontare ed elaborare le reali difficoltà della propria esistenza.

Esse, inoltre, sono utili perchè elaborano l’inconscio e aiutano a tradurre in immagini visive gli stati interiori: «La fiaba, mentre intrattiene il bambino, gli permette di conoscersi, e favorisce lo sviluppo della sua personalità. Essa offre significato a livelli così diversi, e arricchisce l’esistenza del bambino in tanti modi diversi, che non basta un solo libro a rendere giustizia della quantità e della varietà dei contributi apportati da queste storie alla vita del bambino». (Bettelheim)